2. Se ci pensiamo bene… i gesti dell’eucaristia sono gesti che profumano di casa: ritrovarsi insieme, accoglienza, perdono, ascolto, parola condivisa, pane condiviso, celebrazione del grazie: pensiamo a quante volte in casa nostra ci diciamo “grazie”: eucaristia è dire grazie e fare grazia. Casa che non rimane chiusa in se stessa: casa ospitale. Casa dal tetto scoperchiato, verso l’alto, verso l’altro.
3. Il Vangelo, non può restare alle periferie della nostra esistenza, non può restare fuori; vuole entrare dentro. Gesù è l’amante e che vuole entrare nella casa dell’amata: “Ecco sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce mi apre la porta, io verrò da lui cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3:20).
4. Per riscoprire la sua natura più autentica e per ritrovare la sua missione, la chiesa deve in qualche modo ritornare a casa; la chiesa in questo momento ho bisogno di tornare a casa proprio per ritrovare se stessa per ritrovare il modo efficace di diffondere l’amore e di costruire quelle relazioni che tessono la comunione… e non semplicemente di moltiplicare iniziative e di creare organizzazione.
5. La casa è anche il luogo in cui le persone vivono il prendersi cura: significa che la comunità cristiana intesa come “casa comune” ha bisogno di “abitanti”, di persone che la amino e la vogliano mantenere bella e vivibile, consegnandola alle generazioni future. È necessaria una conversione: dai molti servizi di Marta… al prendersi cura di Maria.
mp
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