venerdì 24 febbraio 2023

Abecedario liturgico - Celebrare

 

ABECEDARIO LITURGICO - «CELEBRARE»

Celebrare
ce-le-brà-re (io cè-le-bro)


SIGNIFICATO Lodare, esaltare; festeggiare solennemente; compiere un rito solenne

ETIMOLOGIA dal latino celebrare ‘frequentare, affollare’, ma anche ‘onorare, solennizzare’.

Questa parola può trarre in inganno. Infatti si è portati a usarla soprattutto in relazione a eventi e riti gioiosi, ma questo nesso è tutt’altro che necessario. Per capire meglio, al solito, guardiamo l’etimologia - che anche stavolta sa stupire.

Il latino ‘celebrare’ ha come primo significato quello di ‘frequentare, affollare’. La celebrazione scaturisce quindi dall’assembramento di persone - le quali, per evoluzione lineare del termine, finiscono per onorare ciò che le aggrega, per rendere solenne l’evento. Già questa è un’immagine meravigliosa, che ci racconta dei primi modi in cui si sono strutturate le umane liturgie. E ci fa intendere come l’occasione del celebrare non debba essere per forza qualcosa di festante - per quanto spesso lo sia.

Ciò è evidente in certi usi cristallizzati del verbo celebrare: ad esempio si celebrano i processi - adunanze solenni, ma non proprio sagre allegre. E si possono anche celebrare funerali, e commemorazioni. Però è vero che gli usi gioiosi di questo termine sono vasti: la cittadinanza celebra la vittoria della squadra di calcio, si celebrano le nozze, si celebra il Natale. E in questo senso il celebrare può addirittura perdere la sua diretta dimensione corale - rimanendo un lodare, un esaltare: nel suo romanzo lo scrittore celebra l’eroismo civile di un grande del passato; la cronaca storiografica celebra una grande vittoria militare; l’ode o l’inno sono composti per celebrare un evento o una persona.

Un discorso a parte meriteranno il celebre e la celebrità, frutti dello stesso ramo, in cui quell’affollare latino si declina in maniera piuttosto diversa.

Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/celebrare

giovedì 23 febbraio 2023

La riforma liturgica è irreversibile

 



La riforma liturgica è irreversibile

La riforma liturgica del Vaticano II ha riportato nella liturgia la lingua viva, e questo è uno di quegli elementi ormai irrinunciabili, che hanno fatto dire a papa Francesco che "la riforma liturgica è irreversibile". Tuttavia oggi, a più di mezzo secolo di distanza, le condizioni culturali e il livello medio di conoscenza delle verità di fede cristiana degli uomini e delle donne che compongono le nostre assemblee liturgiche, le trasformazioni e a ben guardare anche l'impoverimento del linguaggio e del vocabolario comune della fede, ci spingono o forse ci impongono di essere particolarmente vigili non solo sul linguaggio e il vocabolario, ma anche sulle immagini e sulle figure che le nostre liturgie utilizzano.  Vigilanti nel senso di non dare mai per scontato che esse parlino sempre e comunque alla nostra gente. Nel linguaggio e nel vocabolario si gioca gran parte dell'umanità della liturgia

G. Boselli, Il senso umano della liturgia, Edizioni Qiqajon, comunità di Bose, pp. 15.

martedì 21 febbraio 2023

La lingua per una liturgia viva: il latino?

 




La lingua per una liturgia viva: il latino?

Gesù parlava in aramaico, la lingua del suo tempo, grazie alla quale si faceva ascoltare dalla gente in modo semplice e diretto e, a sua volta, l'aramaico era la lingua con la quale la gente si rivolgeva a lui.  Gesù non solo non ha parlato una lingua sacra, ma utilizzava il vocabolario e le immagini della vita quotidiana (domestica, agraria o professionale) molto di più del vocabolario religioso.  Parlava di Dio con profondità e spessore ma in modo semplice, diretto ed efficace, al punto che l'evangelista Matteo annota che "le folle erano stupide del suo insegnamento: egli, infatti, insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi” (Mt 7,28-29), e nel quarto vangelo le guardie riferiscono ai sacerdoti e ai farisei: «Mai un uomo ha parlato così! (Gv 7,46). Ciò che colpiva non era solo quello che Gesù diceva ma come lo diceva.

La riforma liturgica del Vaticano II ha riportato nella liturgia la lingua viva, e questo è uno di quegli elementi ormai irrinunciabili, che hanno fatto dire a papa Francesco che "la riforma liturgica è irreversibile". Tuttavia oggi, a più di mezzo secolo di distanza, le condizioni culturali e il livello medio di conoscenza delle verità di fede cristiana degli uomini e delle donne che compongono le nostre assemblee liturgiche, le trasformazioni e a ben guardare anche l'impoverimento del linguaggio e del vocabolario comune della fede, ci spingono o forse ci impongono di essere particolarmente vigili non solo sul linguaggio e il vocabolario, ma anche sulle immagini e sulle figure che le nostre liturgie utilizzano.  Vigilanti nel senso di non dare mai per scontato che esse parlino sempre e comunque alla nostra gente. 

G. Boselli, Il senso umano della liturgia, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, pp. 14-15.


Il sacrificio del tempio e il pane della tavola

 


Il sacrificio del tempio e il pane della tavola

Quando Gesù raduna attorno a sé la comunità messianica e le dà tutto ciò che è necessario alla sua vita, non parte dal servizio sacrificale della grande liturgia del tempio ... Il suo riferimento è un contesto domestico e la cerchia ristretta della fraternità. Il tipo di assemblea alla quale Gesù ha pensato non è detto che necessariamente debba prendere posto in una casa e in una sala da pranzo, ma è comunque sempre destinata a conservare l'immagine coinvolgente di una famiglia ... Per il suo memoriale, il Signore ha scelto la struttura vivente (Gestalt) del pasto familiare di festa, una liturgia che è guidata dal padre di famiglia e che assume forme che non dipendono più dal culto principale del tempio, ma si ricollegano a un contesto informale e più vicino alla vita. Se queste forme assurgono qui alla santità di una celebrazione (zur heiligen Feier), è attraverso dei semplici, elementari atti di culto, che non si allontanano molto da quelli dell'esistenza normale in questo mondo. Questo nuovo punto di partenza mette in rilevo, nel culto instaurato da Gesù, una tendenza alla quale dobbiamo accordare particolare attenzione.

H. Kahlefeld, citato in G. Boselli, Il senso umano della liturgia, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, pp. 12-13.

domenica 19 febbraio 2023

Mercoledì delle ceneri

                       Mercoledì delle ceneri:

la consueta preghiera comunitaria nella stanza del silenzio alle ore 19:30 è sospesa.

                            Buona quaresima

Itinerario spirituale per la quaresima proposto dalla Diocesi di Padova: https://quaresimadifraternita.it/


venerdì 17 febbraio 2023

Assemblea domenicale nell’impossibilità della celebrazione eucaristica (Diocesi di Vicenza)

 


Diocesi di Vicenza

https://www.diocesivicenza.it/assemblea-domenicale-nellimpossibilita-della-celebrazione-eucaristica/

Assemblea domenicale nell’impossibilità della celebrazione eucaristica

Prot. Gen. 477/2018

«Secondo la Tradizione apostolica, che trae origine dal giorno stesso della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o Domenica. In questo giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea perché, ascoltando la Parola di Dio e partecipando all’Eucaristia, facciano memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù e rendano grazie a Dio che li “ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1 Pt 1,3). Per questo la Domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non le venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico» (SC 106).

Il Magistero, a più riprese, ha ribadito e sottolineato l’assoluta irrinunciabilità per la vita dei credenti della Domenica e il primato della celebrazione eucaristica nel Giorno del Signore; a tal riguardo Papa Francesco in Amoris Laetitia n. 318 insegna: «Il cammino comunitario di preghiera raggiunge il suo culmine nella partecipazione comune all’Eucaristia, soprattutto nel contesto del riposo domenicale» (cf. anche Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, n. 35).
La situazione pastorale delle comunità cristiane in questi anni è mutata anche a causa della diminuzione del numero dei presbiteri e per questo già il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva prospettato una celebrazione domenicale in assenza del presbitero.
Il Concilio afferma che, tra le varie forme tramandate dalla Tradizione liturgica, laddove non è possibile la celebrazione della Messa, è molto raccomandata la celebrazione della Parola di Dio che, secondo l’opportunità, può essere seguita dalla Comunione Eucaristica, così i fedeli possono nutrirsi nello stesso tempo della Parola e del Corpo di Cristo.
Il can. 1248 § 2 del Codice di Diritto Canonico e il Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero Christi ecclesia della Congregazione per il Culto Divino [cf. Notitiae 24 (1988), 390, n. 41] prevedono che tale rito venga celebrato secondo le disposizioni del Vescovo diocesano.
Anche nella nostra Diocesi si stanno verificando situazioni in cui non è possibile garantire sempre la celebrazione eucaristica domenicale o festiva.
Per questo la nota diocesana sulle unità pastorali afferma: «A motivo della diminuzione dei presbiteri, si cerchi di ridurre il numero delle celebrazioni Eucaristiche, se ne curi una programmazione a livello di unità pastorale e, previo accordo con l’Ordinario, in talune circostanze, si preveda una “celebrazione domenicale della Parola in attesa del sacerdote”, con la presidenza di diaconi, consacrati o ministri laici adeguatamente formati» (nota pastorale “Spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro (Mc 6,41)”. Orientamenti circa le unità pastorali, 14 gennaio 2018, orientamento n. 10).

In considerazione di questo, ritengo opportuno dare delle indicazioni circa le celebrazioni domenicali e festive.

Quando in una comunità cristiana non fosse possibile celebrare la Messa, si esortino in primis i fedeli a recarsi nella chiesa più vicina per la celebrazione del mistero eucaristico.

Per rispondere a situazioni non programmabili in cui non è possibile una soluzione diversa (ad esempio un’indisposizione improvvisa del presbitero o un evento imprevisto), è stato invece predisposto un rito apposito che permetta di vivere la Domenica, assolvendo il precetto festivo, pur non potendo celebrare l’Eucaristia.

Questo rito viene quindi offerto alle comunità per far fronte a situazioni improvvise ed eccezionali. Un suo uso diverso richiede l’autorizzazione esplicita del Vescovo.
Circa la scelta delle persone incaricate a guidare la celebrazione, quando non è presente un diacono, si individuino due o tre membri del Gruppo Ministeriale, dove esiste; negli altri casi, il parroco, consultando il Consiglio Pastorale, designi alcuni laici ritenuti idonei.
Le Guide della celebrazione compiranno «solo e tutto ciò che concerne l’incarico ad essi affidato» (SC 28) e avranno cura di valorizzare e di coordinare tutte le ministerialità presenti nella comunità.
Va assicurata una formazione specifica per fornire loro una competenza nel guidare queste celebrazioni. A questo scopo, l’Ufficio liturgico diocesano appronterà appositi percorsi formativi che saranno sperimentati in questo anno pastorale e successivamente riproposti, su richiesta, nelle varie zone della Diocesi. Parimenti sarà importante formare le comunità cristiane al senso, pur col carattere di eccezionalità, di questa modalità celebrativa rispetto all’Eucarestia e al precetto festivo.
Questo sussidio, preparato per le celebrazioni domenicali e festive quando non è possibile la celebrazione eucaristica, viene affidato alle comunità parrocchiali, affinché, nell’applicazione saggia e attenta delle condizioni richieste, possa costituire uno strumento efficace per la crescita della fede e della comunione fra tutti battezzati.

Vicenza, 1° novembre 2018, solennità di Tutti i Santi

+ Beniamino Pizziol Vescovo di Vicenza

sac. Enrico Massignani Cancelliere vescovile

 

Scarica il documento per l’Assemblea domenicale nell’Impossibilità della celebrazione eucaristica

 

 

 

mercoledì 15 febbraio 2023


 

Martiri per il giorno del Signore

A proposito di celebrazione nel giorno del Signore: il 12 febbraio di molti anni fa… in Tunisia.

Il 12 febbraio del 304 (IV sec.) iniziò il processo contro 49 cristiani di Abitene, in seguito torturati e martirizzati, per aver partecipato alla liturgia eucaristica nel giorno del Signore che l'Imperatore Diocleziano aveva messo fuori legge. 

Una delle risposte degli accusati è stata citata spesso. A Emerito, che aveva dichiarato che i cristiani si erano incontrati nella sua casa, fu chiesto perché avesse disobbedito all'ordine dell'Imperatore. Rispose: "Sine dominico non possumus”; cioè: "Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”. 

Di questi 49 martiri conosciamo tutti i nomi. La loro memoria si celebra il 12 febbraio.

link al testo degli Atti del martirio

martedì 14 febbraio 2023

 


14 febbraio: santi Cirillo e Metodio

Una liturgia viva che si esprime nella lingua di oggi: Cirillo e Metodio ci sono riusciti, con audacia e creatività, molto secoli fa

Cirillo e Metodio, due fratelli nati a Salonicco nei primi decenni del secolo IX. Sono stati proclamati da Giovanni Paolo II Patroni d’Europa. Cirillo, in particolare, con grande audacia e creatività si è adoperato per tradurre nella lingua delle popolazioni slave (Pannonia e Moravia) i testi sacri e i testi della liturgia.

Anche se sono ricordati come gli apostoli degli slavi, la loro opera ha lasciato un seme di unità che abbraccia l'intero continente e supera qualsiasi divisione culturale, linguistica, politica.

La liturgia per parlare all'uomo e alla donna contemporanei, dovrà essere una liturgia viva, “capace di interrogarsi anche sulla sfida dell'imprescindibile mediazione del linguaggio e dei linguaggi: perché si riscontrano difficoltà crescenti nell'elaborazione di traduzioni dei testi liturgici e nella loro ricezione da parte delle chiese locali? Va detto con franchezza: il non riuscire a imboccare una via verso una liturgia che si esprima nella lingua viva di oggi è mortificante!”.

(Enzo Bianchi, Una Liturgia viva per una chiesa viva, Edizioni Qiqajon 2018)


lunedì 13 febbraio 2023

Liturgia in adesione piena alla grammatica della vita

 

Liturgia in adesione piena alla grammatica della vita

Umanità della liturgia: forme rituali che non si allontanino dalle forme elementari della vita, situazioni, gesti, linguaggi e realtà della vita umana. Se alla liturgia cristiana sottraiamo ciò che ha di più autenticamente umano, noi finiamo per compromettere anche ciò che ha di più evangelicamente divino. Se il cristiano è chiamato a fare della vita il culto gradito a Dio, l’adesione piena alla grammatica della vita è un criterio di autenticità della liturgia cristiana.

 (Goffredo Boselli, Il senso umano della liturgia, Edizioni Qiqajon 2019, p. 10-11).


venerdì 10 febbraio 2023







FESTIVAL BIBLICO EDIZIONE 2023

Genesi 1-11 racconta anche  il bisogno di una pausa – di uno shabbat – che si rende necessario se si vuole comprendere quello che sta accadendo, se si vuole rileggere il tempo che si vive anche alla luce delle Sacre Scritture, se si accetta di essere di fronte a una faglia. Uno shabbat, quindi, come antidoto allo spaesamento e come astrazione dall’ordinario per osservare, capire cosa sta accadendo in una luce diversa, e riprendere il cammino con rinnovata responsabilità.



edizione 2023 - Festival Biblico






 

giovedì 9 febbraio 2023


10 febbraio SANTA SCOLASTICA, sorella di San Benedetto


Sorella di Benedetto da Norcia, richiama al femminile gli inizi del monachesimo occidentale, fondato sulla stabilità della vita in comune. Giovanissima, si consacrò al Signore col voto di castità. Benedetto apprese della sua morte vedendone l'anima salire verso l’alto in forma di colomba


Dai «Dialoghi» di san Gregorio Magno, papa
(Lib. 2,33; PL 66,194-196)

Poté di più colei che più amò

Scolastica, sorella di san Benedetto, consacratasi a Dio fin dall’infanzia, era solita recarsi dal fratello una volta all’anno. L’uomo di Dio andava incontro a  lei, non molto fuori della porta, in un possedimento del monastero. 
   Un giorno vi si recò secondo il solito, e il venerabile suo fratello le scese incontro con alcuni suoi discepoli. Trascorsero tutto il giorno nelle lodi di Dio e in santa conversazione. Sull’imbrunire presero insieme il cibo.
   Si trattennero ancora a tavola e, col protrarsi dei santi colloqui, si era giunti a un’ora piuttosto avanzata. La pia sorella perciò lo supplicò, dicendo: «Ti prego, non mi lasciare per questa notte; ma parliamo fino al mattino delle gioie della vita celeste». Egli le rispose: «Che cosa dici mai, sorella? Non posso assolutamente pernottare fuori del monastero».
   Scolastica, udito il diniego del fratello, poggiò le mani con le dita intrecciate sulla tavola e piegò la testa sulle mani per pregare il Signore onnipotente. Quando levò il capo dalla mensa, scoppiò un tale uragano con lampi e tuoni e rovescio di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i monaci che l’accompagnavano, poterono metter piede fuori dalla soglia dell’abitazione, dove stavano seduti. 
   Allora l’uomo di Dio molto rammaricato cominciò a lamentarsi e a dire: «Dio onnipotente ti perdoni, sorella, che cosa hai fatto?». Ma ella gli rispose: «Ecco, ho pregato te, e tu non hai voluto ascoltarmi; ho pregato il mio Dio e mi ha esaudita. Ora esci pure, se puoi; lasciami e torna al monastero». 
   Ed egli che non voleva restare lì spontaneamente, fu costretto a rimanervi per forza. 
   Così trascorsero tutta la notte vegliando e si saziarono di sacri colloqui raccontandosi l’un l’altro le esperienze della vita spirituale.
   Non fa meraviglia che Scolastica abbia avuto più potere del fratello. Siccome, secondo la parola di Giovanni, «Dio è amore», fu molto giusto che potesse di più colei che più amò. 
   Ed ecco che tre giorni dopo, mentre l’uomo di Dio stava nella cella e guardava al cielo, vide l’anima di sua sorella, uscita dal corpo, penetrare nella sublimità dei cieli sotto forma di colomba. Allora, pieno di gioia per una così grande gloria toccatale, ringraziò Dio con inni e lodi, e mandò i suoi monaci perché portassero il corpo di lei al monastero e lo deponessero nel sepolcro che aveva preparato per sé.
​   Così neppure la tomba separò i corpi di coloro che erano stati uniti in Dio, come un’anima sola. 

mercoledì 8 febbraio 2023

 



I senza riposo

Persino Nietzsche, che ha sostituito l’essere con la volontà, sa che la vita umana terminerebbe in una iperattività mortale, se in essa non si cogliesse alcun elemento contemplativo:


“Per mancanza di calma la nostra civiltà sbocca in una nuova barbarie. In nessun’epoca sia attribuì maggior valore agli attivi, cioè ai senza riposo. È dunque una delle necessarie correzioni che si devono portare al carattere dell’umanità quella di rafforzare in larga misura l’elemento contemplativo” (Nietzsche, in Così parlò Zaratustra).


Byung-Chul Han, La società della stanchezza

 



SACRAMENTI DELLA FEDE E SACRAMENTI SUBITI

“Un certo modo di conferire i Sacramenti, senza un solido sostegno della catechesi circa questi medesimi Sacramenti e di una catechesi globale, finirebbe per privarli in gran parte della loro efficacia. Il compito dell’evangelizzazione è precisamente quello di educare nella fede in modo tale che essa conduca ciascun cristiano a vivere i Sacramenti come veri Sacramenti della fede, e non a riceverli passivamente o a subirli” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 1975, n. 47)

martedì 7 febbraio 2023

 




Assemblee, fervorose, devote... ma passive

Assemblee fervorose, devote, ma lontane dall'actuosa participatio[1], sovente attente ma passive, non possono restare a lungo assemblee vive e vivaci, come ha chiesto papa Francesco. Ci vorranno creatività e audacia, ma il cammino è ineludibile.

 (E. Bianchi, Una liturgia viva per una chiesa viva, Edizioni Qjqaion, Comunità di Bose, Magnano, 2018)




[1] Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 14, p. 364, nr. 24.

 

venerdì 3 febbraio 2023

 



Dalla «Prima Apologia a favore dei cristiani» di san Giustino[1], martire (martirizzato sotto Marco Aurelio tra il 163 e il 168) - (Cap. 66-67; PG 6, 427-431)

La celebrazione dell’Eucaristia

    A nessun altro è lecito partecipare all’Eucaristia, se non a colui che crede essere vere le cose che insegniamo, e che sia stato purificato da quel lavacro istituito per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e poi viva così come Cristo ha insegnato.
    Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l’intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo.
    Gli apostoli nelle memorie da loro lasciate e chiamate vangeli, ci hanno tramandato che Gesù ha comandato così: Preso il pane e rese grazie, egli disse: «Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo». E allo stesso modo, preso il calice e rese grazie, disse: «Questo è il mio sangue» e lo diede solamente a loro.
    Da allora noi facciamo sempre memoria di questo fatto nelle nostre assemblee e chi di noi ha qualcosa, soccorre tutti quelli che sono nel bisogno, e stiamo sempre insieme. Per tutto ciò di cui ci nutriamo benediciamo il creatore dell’universo per mezzo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo.
    E nel giorno, detto del Sole, si fa l’adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in 
campagna convengono nello stesso luogo, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo lo permette.
    Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle.
    Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento con tutto il fervore e il popolo acclama: Amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi.
    Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, dànno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.
    Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l’indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione.

    Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle.
    Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento con tutto il fervore e il popolo acclama: Amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi.
    Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, dànno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.
    Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l’indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione.


[1] San Giustino (Flavia Neapolis100; † Roma162 - 168) è stato un filosofo e martire palestinese. Sembra fosse di origini latine o greche. La sua famiglia probabilmente si era stabilita da poco in Palestina, al seguito degli eserciti romani che qualche anno prima avevano sconfitto gli Ebrei e distrutto il Tempio di Gerusalemme.

Conosciuto anche come Giustino martire o di Nablus (Flavia Neapolis) in Palestina, fu filosofo e martire cristiano, morto sotto Marco Aurelio tra il 163 ed il 167. La Chiesa cattolica lo venera come santo e lo annovera tra i Padri della Chiesa e i suoi due più famosi scritti Prima Apologia dei Cristiani e Seconda Apologia dei Cristiani ne fanno uno dei primi difensori del pensiero cristiano. Viene venerato come santo anche dalla Chiesa ortodossa. La memoria si celebra il 1 giugno.

 

Carcere: qualche numero al 31 marzo 2024

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